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Channel: genitori – Francesca Sanzo | Autrice, Trainer, Copywriter. Scrittura e comunicazione
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L’assalto all’infanzia del marketing

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Come blogger non ho mai accettato di recensire prodotti.

Molte volte me lo hanno proposto ma ho deciso che non voglio farlo, che se qualcuno ha bisogno di me professionalmente, sono disponibile a valutare proposte di collaborazione per digital P.R e professional blogging, ma che i miei blog devono rimanere sostanzialmente liberi da qualsiasi forma di promozione “a comando”.

Parlo di quello che mi piace e di quello che valuto interessante a prescindere.

Lo stesso vale per i comunicati stampa che mi inviano di continuo: valuto sempre – liberamente – se segnalare qualcosa e spesso, se non c’è un link, non lo faccio, perché io sono blogger e non giornalista.

Voglio sentirmi libera di dire quello che penso senza alcun conflitto di interessi: se non condivido le scelte di una marca, voglio dirlo anche se il marketing fa parte di quello che faccio per vivere.  Citando Massimo Ferrariorifletto sul marketing e non mi piace il marketting.

Credo sia un valore aggiunto: le aziende sanno che se collaboro con loro non sarò mai a-critica, che se dovessi occuparmi di una strategia direi sempre quello che penso.

Mi piace farlo con i miei clienti (che apprezzano) e mi piace che sia un tratto distintivo del mio stare in rete.

Il mio lavoro è orientato allo storytelling, non al marketing in prima istanza e credo che proprio attraverso la possibilità di esercitare anche spirito critico, di promuovere anche visioni divergenti dalla maggioranza, si possa creare un discorso (anche intorno ai prodotti) efficace.

Ma questa è solo una premessa.

Ultimamente, forse per una questione di tempo (sempre meno quello a disposizione per scrivere sulle cose che mi interessano) la mia attività più frequente, on line, è su Twitter.

Mi prendo cura di contenuti di altri, li rilancio, li aggrego, li promuovo e nel frattempo imparo molte cose.

Seguo i flussi di contenuto che mi interessano.

Per questo motivo, probabilmente, alcune case editrici, con cui sono in contatto là, hanno cominciato a segnalarmi libri. Per questo motivo alcune di loro mi hanno contattata per propormi l’invio di qualche titolo.

Mi sono detta: “Perché no? Io amo leggere, leggerei comunque, ma così risparmio!” Il patto è che se voglio recensisco, se ho tempo recensisco, se no amen. La filosofia è che dirò sempre quello che penso di quel libro. Se qualcuno se ne avesse a male e decide che non mi manderà più libri, amen. Io leggerò comunque.

Così Feltrinelli mi ha scritto e mi ha inviato Assalto all’infanzia di Joel Bakan, un saggio con prefazione di Chiara Saraceno.

Il saggio, frutto di uno studio dell’autore intorno alle corporation americane, non è esattamente una lettura ottimistica per un genitore, ma certamente aiuta a riflettere su una questione sentissima negli Stati Uniti e forse meno acuta in Europa e in Italia, ma con cui bisogna fare i conti, perché dietro l’angolo, ovvero la trasformazione dei bambini in “consumatori diretti” e attivi del marketing.

Se la protezione del fanciullo (e relativa Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959) ha assicurato ai più giovani un periodo in cui le corporation non potevano in alcun modo rivolgersi a loro, dal 1980 le cose sono cambiate. La mia generazione è la prima ad essere figlia di un altro modo di rivolgersi al bambino: diretto e coinvolgente affinché diventi complice delle marche che di volta in volta gli vogliono vendere prodotti o esperienze.

Il marketing si è raffinato e grazie allo studio della psicologia cognitiva e della statistica ha frazionato la popolazione in target sempre più precisi, indagando abitudini, aspettative, bisogni e rivolgendosi in maniera specifica a ogni fase della vita.

Non è forse un caso, se proprio in contemporanea alla lettura del libro, sono incappata in un interessantissimo articolo di Charles Duhigg per “Internazionale” di questa settimana che anticipa l’edizione italiana del suo libro: The power of Habit.

L’articolo (e il libro in uscita) racconta del rapporto sempre più diretto tra studi statistici (applicati alle abitudini umane) e marketing, sottolineando come la scomposizione di ogni nostra azione per capire quale desiderio sottende, come viene appagato e in che modo ci gratifichiamo per compiere atti anche faticosi, abbia reso ancora più efficace la segmentazione dei target, individuando nelle mamme e future mamme il bacino più ghiotto per la pubblicità: sono infatti le donne in attesa quelle più propense a cambiare abitudini e ad ascoltare i consigli dei Media e di chi ha una referenza in tema di genitorialità.

Ma torniamo al saggio di Bakan:

L idea centrale della nuova ideologia – che il libero mercato sia il modo migliore per fare il bene dell’individuo e della società – contraddiceva apertamente le riforme del secolo del fanciullo. (…) Non esiste una cosa chiamata società, esistono soltanto individui e famiglie.

 Bambini, madri e padri diventano un mercato ghiotto, da “assaltare” e colonizzare.

Ne sanno qualcosa – stando a quanto racconta il libro – le corporation televisive americane, principali ideatrici di molti giochi on line dedicati a bambini e adolescenti: un caso tra tutti Nickelodeon che, oltre a possedere il maggior numero di reti televisive USA dedicate ai bambini, ha fondato anche Addictinggames.com, un pluripremiato network per l’infanzia. Tra i giochi più seguiti c’ é Boneless Girl: bisogna riuscire a far passare una donna “senza ossa” in tutti i pertugi possibili.

Boneless Girl è tutto sommato un gioco da educande  se confrontato con altri segnalati nel libro, come per esempio Grand Theft Auto IV, dove il protagonista fa sesso con una prostituta in macchina e poi la ammazza con una mazza da baseball, finendola con una sventagliata di mitra.

Questi sono i giochi che si rivolgono agli adolescenti americani. Perché tanta violenza?

Perché gli studi psicologici e statistici ci dicono che a 12 anni le persone hanno bisogno di staccarsi dalla visione protetta e familiare della vita e passare attraverso anche emozioni violente.

Prendi le tempeste ormonali dei giovani e gli obiettivi di vendita delle aziende, metti tutto nel frullatore e il gioco è fatto!

Il digital divide generazionale spesso poi non consente ai genitori di avere la giusta consapevolezza per maturare anticorpi a questi giochi e per poter gestire bene la “dipendenza” che creano nei propri figli.

Ma l’ assalto all’infanzia arriva anche dalle multinazionali farmaceutiche e chimiche, dai professionisti “al soldo di”, disposti a dichiarare e scrivere articoli che minino qualsiasi spirito critico nel consumatore, pur di rendere appettibile questo o quel prodotto.

E’ un panorama che a noi può sembrare estraneo, eppure, nel nostro piccolo (e forse dall’anticamera) lo vediamo perfettamente anche qui: grazie ai social network, il confine tra marketing e scelta personale, tra passaparola e targhetizzazione è diventato davvero labile e noi genitori siamo sempre i primi a essere bersagliati, perché abbiamo un naturale bisogno di appagare i desideri dei figli e aderire al modello della brava mamma e papà, che passa anche attraverso i prodotti che usiamo per la cura dei nostri bambini (specialmente primogeniti).

C’è da riflettere, specie per chi – come me – si occupa di comunicazione e lo fa, ovviamente, in ottica narrativa ma per promuovere prodotti.

Come professionista, credo che la domanda giusta che posso farmi io, ogni mattina, sia: “Sono davvero libera di scrivere e dire quello che penso?” e comportarmi di conseguenza, a seconda della risposta che ogni giorno mi do e del contesto di riferimento.

Come genitore, la domanda giusta è: in che modo posso aiutare mia figlia ad affrontare questo? Di sicuro non posso evitare ne’ censurare e dunque, come per la televisione, come per qualsiasi comunicazione, devo solo provare ad aiutarla a sviluppare un suo spirito critico, a farla riflettere sulle cose senza darle per assodate o scontate.

E non è poco.

E non è detto che sia possibile.

Però ricordiamocelo sempre: siamo carne da macello del marketing. Tutti. Ma il marketing non è il MALE: ogni cosa dipende da come la affronti. Sta a noi scegliere come operare delle scelte che – per quanto piccole – siano sempre scelte nostre.

Letture

  • Assalto all’infanziaJoel Bakan, Feltrinelli Editore
  • La forza delle abitudini, Charles Duhigg “Internazionale” n 946, pg 44

 

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